LA STORIA DI MEDESANO DA "STATIO IMPERIALIS" A NODO CRUCIALE DEL SISTEMA VIARIO E POLITICO MEDIOEVALE
I LONGOBARDI E LA FRANCIGENA: STORIA DI UN INTRECCIO FECONDO
Grazie al Giubileo dell'anno 2000, oltre alle tematiche squisitamente mistico-religiose, molti hanno avuto l'occasione di riassaporare il gusto fascinoso della storia grazie alla riscoperta, anche da parte dei mass media, del percorso per eccellenza dei pellegrini diretti verso la capitale: la via Francigena.
Senz'ombra di dubbio si può affermare che delle grandi strade che solcarono l'Europa del Medioevo, una delle più importanti arterie di comunicazione fu, appunto, la via Francigena (o via Romea che dir si voglia) il cui tracciato, almeno per quanto riguarda il nostro territorio, è rimasto sostanzialmente immutato.
In assoluto, il primo documento storico che ci parla della via romea è databile al 990 d.C., anno in cui Sigerico vescovo di Canterbury si recò a Roma per ricevere il pallio. Nel suo austero ma preciso diario di viaggio Sigerico elenca ben 80 luoghi di tappa dislocati lungo il percorso di ritorno che da Roma lo avrebbe riportato al mare. A questo punto è assolutamente necessario fare un salto a ritroso nel tempo, per meglio conoscere la storia e quindi gli avvenimenti che hanno contribuito alla nascita e poi alla presa d'importanza della via romea.
La pietra miliare del discorso tutto viene posizionata dall'occupazione del suolo italico da parte dei Longobardi. L'arrivo di questa popolazione pone fine oltre che all'organizzazione statale romana anche, e definitivamente, all'unità politica dell'Italia che i Bizantini avevano restaurato dopo la guerra contro i Goti. Con l'avvento dei Longobardi si realizzerà, così, una divisione in due emisferi della nostra nazione: una appunto dominata dai nuovi conquistatori e una che rimane nelle mani bizantine ma continuamente sottoposta agli attacchi e alle incursioni delle truppe longobarde. Ibidem per la nostra regione che da Parma a Modena diventa longobarda sin dalla calata in Italia di questi. A sud dell'Appennino tutta la Liguria rimane bizantina sino al 642 d.C. quando Rotari occuperà tutte le città da Luni al confine con i Franchi. Il risultato di questa divisione è che per i Bizantini l'asse principale dei loro spostamenti rimane la Ravenna- Rimini- Roma, mentre per i Longobardi il punto d'arrivo a sud dell'Appennino viene ad essere Lucca. La divisione in due dell'Emilia - Romagna fa si, sostanzialmente, che i collegamenti con la Toscana avvengano attraverso i valichi dell'Appennino Emiliano Occidentale.
Ecco dunque l'importanza assunta dal Passo della Cisa, originariamente noto come "Alpem Bardonis" che diverrà chiave di volta per l'arrivo nella Tuscia (l'attuale Toscana).
La politica di occupazione e conquista dell'alta e media Val Magra e dei valichi appenninici che si immettono su di essa trova il suo compimento tra la fine del VI° e gli inizi del VIII° secolo per opera di Agilulfo. In seguito, con la caduta in mano longobarda nel 642 di Luni, la Parma Luni-Lucca per il Passo della Cisa diviene così l'asse principale di collegamento fra Emilia e Toscana.
Nel corso del tempo intervengono però alcune importanti variazioni geo-tattiche tali per cui tra tutti gli itinerari possibili il Passo della Cisa è quello più agevole e facilmente percorribile e proprio per questo motivo la strada di Monte Bardone diventa l'asse normalmente seguito dai pellegrini che dalla Francia si dirigevano verso Roma. Tutto ciò comporta però che la strada Parma - Luni - Lucca già dal primo medioevo diventa sostanzialmente inutile in quanto, in piena età longobarda, assume dapprima la funzione di unire Pavia con Lucca, per poi venire a far parte dell'itinerario più ampio del pellegrinaggio verso Roma, perdendo così la sua originaria autonomia e giustificando un ribaltamento della gerarchia tra la Parma - Fornovo e la Fidenza- Fornovo :"mentre in età Romana l'asse principale è il primo e la Fidenza -Fornovo è un diverticolo, in età alto medioevale è esattamente il contrario. In comune le due direttrici hanno il punto di arrivo,Fornovo, perché Fornovo è il punto di partenza per il Passo della Cisa"( P.L. Dall'Aglio da "Dalla Parma-Luni alla via Francigena). Ora, dopo questa doverosa anticipazione, è sempre il sopracitato diario di Sigerico che, indicando chiaramente quelle che saranno tappe e passaggi obbligati alla strada, ci consente di soffermare la nostra attenzione sulla tappa numero XXXV:METANE.
TAPPA XXXV:ECCOCI A METANE! DALLA STATIO IMPERIALIS ALL'ARRIVO DI SIGERICO
La storia di Medesano e la sua importanza all'interno del circuito romeo sono state spesso sottovalutate o peggio ancora ignorate oltre che dagli abitanti del luogo anche e soprattutto da molti studi e studiosi.
Innanzi tutto il nome sembra che derivi, secondo alcuni studiosi, da quel Medianum che compare nella tavola bronzea della LEX ALIMENTARIA di Traiano rinvenuta a Velleia. Proprio nell'età imperiale, Medesano viene poi indicato da alcune fonti come "STATIO IMPERIALIS" e "CASTRUM MEDEXANI", il che fa pensare che l'attuale Poggio dove sorgerà il castello (di cui si tratterà successivamente) fosse già nell'epoca romano bizantina una rocca fortificata e statio presidiata militarmente, proprio perché "imbuto" naturale e guado obbligato per l'attraversamento del Taro tra Medesano, presso PHILEMANGENUR (Felegara), e Oppiano sulla sponda destra, per poi risalire verso Fornovo (Forum Novum o Pago Mercurialis) Bardone, Berceto, il Passo della Cisa. Questa prima struttura divenne così un importante punto di riferimento per tutti i signori che in cammino verso Fornovo o verso lidi circostanti cercavano per la notte un rifugio al sicuro da ogni insidia. I viandanti comuni,invece, quando si trovavano a passare da Metane, non potendo essere ospitati all'interno della statio, preferivano intraprendere un percorso collinare (prob. Costa Garibalda). Tale tracciato, infatti, vedeva dislocati sul suo percorso numerosi OSPITALI ed altre strutture simili che garantivano al viandante una rincuorante sicurezza.
E' importante notare che il Metane citato da Sigerico nel 990 d.C. viene ancora, però, denominato nel IX° secolo e quindi, in era medioevale, come Medexano, Metexano, Medasiano o Metasiano.
Va sottolineato il fatto che Metane come altri piccoli e medi insediamenti inizia a svilupparsi proprio con l'avvento dei Longobardi la cui invasione del suolo italico risale, lo ricordiamo, al 568 d.C.
I luoghi sede originaria dei primi insediamenti che vedono apportate alla loro struttura base alcune importanti modifiche (fortificazioni ecc.) sono tutti o quasi non casualmente interessati dal passaggio della via Francigena.
Giunti a questo punto un'importante considerazione la meritano gli ospitali che sorgono in questa fase di sviluppo e soprattutto i cosiddetti "CAVALIERI DI ALTOPASCIO" veri e propri gestori di codesti luoghi d'accoglienza.
La loro storia comincia all'indomani della presa longobarda di Lucca quando, nei pressi di Altopascio appunto, nasce un ospitale gestito da dei frati ospitalieri che dalla località di primo insediamento prenderanno il nome. Ben presto i cavalieri di Altopascio cominceranno a preoccuparsi degli ostelli limitrofi estendendo poi rapidamente la loro organizzazione anche fuori dalla Tuscia. Anche Medesano coi suoi primi ostelli (quello di S.Giacomo, ad esempio) usufruì dei servizi di questo ordine così particolare ma, al contempo, così logisticamente importante.
Come anticipato in precedenza, si comincia così a parlare di nuclei, e del nucleo di Medesano abbiamo la prima testimonianza risalente all'805 d.C., anno in cui il Vescovo di Lucca, Iacopo, acquista dal parmense Gariperto alcuni terreni nel territorio di Medesano. Cinque anni dopo lo stesso Iacopo acquistava a Medesano altri due terreni e nell'813 d.C. Pietro, nuovo vescovo di Lucca, procedeva ad un nuovo incameramento di terre nel Medesanese.
La domanda a questo punto sorge spontanea e ci porta a chiedere "come mai tanto interesse da parte lucchese per Medesano?".
La risposta va sicuramente ricercata nel fatto che la Chiesa lucchese seguiva da tempo con interesse i suoi possessi al di la dell'Appennino, proseguendo così nella sua politica patrimoniale che considerava, a ragione, Medesano come un'importante nodo viario e strategico.
Metane compare poi nell'835 all'interno del testamento della regina Cunegonda e soprattutto nell'883 quando l'imperatore in persona Carlo il Grosso scende in aiuto dell'amico Cristoforo, un "homo parmensis" ingiustamente espropriato dei suoi beni da un tal Wiclando. A suffragare la teoria che Medesano era molto di più di un semplice nucleo sviluppatosi in età longobarda c'è insomma la storia, quella che conta e quella fatta o recitata (dipende dai punti di vista) dai suoi attori principali. L'imperatore Enrico II a Pavia conferma nel 1014 alla badia di Leno fra i suoi possedimenti anche Medesano. Gli anni passano e finalmente Medesano per volontà di Oberto I Pallavicino si dota di un castello che verrà costruito tra il 1140 e il 1145.
Dopo la morte del Pallavicino la storiografia sembra piuttosto titubante, anche se è teoria ormai accettata che il castello toccò al figlio maggiore di Oberto, Delfino.
Costui, entra in contrasto con il fratello Guglielmo che cinge il castello d'assedio e lo distrugge nel 1152. Da ora in avanti avrà inizio una saga di costruzioni e di distruzioni del castello che meglio di qualsiasi altra fonte ci narrerà dell'importanza veramente cruciale di Medesano agli occhi delle fazioni e dei potenti di allora.
Sempre procedendo in questo nostro viaggio scopriamo che nel 1189 Federico Barbarossa conferma il feudo ad Oberto Pallavicino (IV marchese di Busseto) mentre nel 1230 viene menzionata per la prima volta la Chiesa di Medesano già intitolata a S. Pantaleone.
Legato alla fitta rete d'ospitali dislocati intorno a Medesano sicuramente va ricordato l'ospedale di S.Giacomo che compare nel "Rotulus Decimarum" del 1230 e nel "Regestum Vetus" del 1493. Gli studi effettuati sembrano poter dimostrare che l'ostello un tempo sorgeva dove oggi è sito il podere anticamente chiamato di "S.Giacomo". Non a caso nella stessa zona sorge un'antichissima torre con a fianco una costruzione più piccola databile intorno al XIII secolo.
Ritornando all'oggetto del nostro dibattere va ricordato che nel 1247 è in declino la fino allora indiscussa autorità dell'imperatore e Parma, irriducibile roccaforte ghibellina, è da poco caduta in mano guelfa. Nei primi giorni di marzo l'imperatore Federico II raduna le sue truppe tra cui quelle di Ezzelino da Romano e dei Comuni alleati e si arrocca a Medesano. Dopo lo scontro il castello verrà poi bruciato dallo stesso Federico II per poterlo così ricostruire a suo piacimento.
Nel 1249 le truppe guelfe di Parma riconquistano, probabilmente appoggiate dai piacentini, il castello provocando l'ira dei fuoriusciti ghibellini che riconquisteranno la fortezza tre anni più tardi. Non passa molto tempo ed ecco i guelfi di Parma e Piacenza appoggiati niente di meno che dal Legato Pontificio Gregorio da Montelungo, "rimettere le mani" su Medesano e il suo castello con estrema facilità vista la piena del Taro che taglia le gambe a tutte le strategie dei difensori guidati da Oberto Pallavicino (VII marchese di Busseto nonché podestà di Cremona). Questi non getterà come si suol dire la spugna e con un brillante inganno di troiana memoria rientrerà nella sua proprietà nel 1267/68 circa.
A riaccendere quella che ormai è una vera e propria questione di tattica geopolitica, ossia il possesso di Medesano e della sua privilegiata posizione, ci pensa intorno al 1312 Jacopo da Cornazzano che, alleatosi con la famiglia dei Rossi, riconquisterà il castello alla causa ghibellina. La "gestione " dei Rossi ha però breve durata visto che già nel 1313 un incendio probabilmente appiccato per mano guelfa riduce ad un accumulo di macerie la fortezza che, comunque, verrà ricostruita e fino al 1335 rimarrà in mano ai Rossi. Proprio in quell'anno però, la sorte arride nuovamente ai guelfi di Parma. Arriviamo così al 1395: il borgo ed il castello che nel corso degli anni avevano perso progressivamente d'importanza ritornano nelle mani dei Pallavicino, che ben presto nel 1403 dovranno fare i conti con un pesante saccheggio perpetrato tra l'altro dal discendente Niccolò Pallavicino.
La storiografia fa risalire a questa data il passaggio di proprietà dai Pallavicino ai Da Correggio. Ma proprio contro questo destino avverso il successore dei Pallavicino (Antonio) si scaglierà approfittando dei suoi ottimi rapporti col signore di Parma per ritornare in possesso nel 1416 del castello un tempo proprietà dei suoi avi. Ma il Da Correggio non demorde e preso da un moto d'orgoglio brucia il castello per non consegnarlo intatto al rivale.
Come avrete ben capito, ormai non si disputa più intorno a Medesano per ragioni tattico - strategiche ma solo nell'ambito di lotte e inimicizie fra le diverse famiglie di potenti d'allora. Dopo un interludio che vedrà Ludovico il Moro padrone della zona in esame, un ultimo grande personaggio si soffermerà a Medesano nel 1495: Carlo VIII.
IL sovrano di ritorno dalla campagna per la conquista del regno di Napoli, è costretto ad ingaggiare battaglia contro i nemici coalizzati non tanto a Fornovo come sempre irrazionalmente la storiografia ha dato ad intendere bensì a Medesano e per di più sulla riva sinistra del Taro. Dopo la battaglia che proprio tra Felegara e Ramiola aveva avuto il suo apice, Carlo VIII pernotterà, come già un anno prima aveva fatto, a Medesano seppellendo i suoi morti (tra cui il fratello) entro le mura del castello e deponendo una lapide, oggi introvabile, murata nei sotterranei della fortezza.
Dopo questa lunga e variopinta carrellata di eventi, di fatti e misfatti a qualcuno qualche dubbio dovrebbe venire circa la rivalutazione storica di Medesano visto che, oltre all'originaria configurazione di "statio imperialis", qualche ragione profonda ci deve pur esser stata se in passato il castello è stato raso al suolo per ben 5 volte e se borgo e castello stesso sono stati sballottati da una famiglia all'altra, da una fazione all'altra per ben 12 volte.
Ma, al di la delle considerazioni storiche, rimane il dato di fatto: Metane era un punto di riferimento per gli antichi già all'epoca dell'impero romano e, nel tempo, la sua particolare posizione lo ha reso preda ambita di chi voleva a modo suo contare all'interno di un percorso, come dicevamo in apertura, tra i più importanti d'Europa.
Dispiace quindi a noi gente del posto constatare che spessissimo il nostro territorio è stato preso poco in considerazione in quanto, si presupponeva che storicamente avesse le stesse notizie, le stesse storie di terza mano magari già raccontate altrove.
La nostra speranza rimane quindi quella di aver gettato, con questo breve lavoro di ricerca e fusione di diverse fonti, le basi per una futura analisi storica che sia un pochino più tale e un pochino meno nemesi (storica).
BIBLIOGRAFIA:
--Pier Luigi Dall'aglio/Dipartimento di Archeologia Università di Bologna/Centro studi della Val Baganza, DALLA PARMA-LUNI ALLA VIA FRANCIGENA, STORIA DI UNA STRADA, Editoria Tipolitotecnica.
-- Maria Cristina Basteri,LA VIA FRANCIGENA NEL TERRITORIO PARMENSE
--AA.VV.,MEDESANO, UNA PICCOLA STORIA ,Tipolitografia Benedettina
--Paolo Zermani, UNA CRUNA VIARIA PER L'EUROPA-VARANO E IL PAESAGGIO PALLAVICINIANO SUL PERCORSO COLLINARE DELLA VIA FRANCIGENA.